Dopo aver sorpreso il mondo dell’arte con i suoi noti “ritratti” delle lattine Campbell’s Soup nel 1962, Andy Warhol iniziò a lavorare su un gruppo di 100 sculture in legno, riproducendo contenitori da imballaggio di prodotti comuni, come le spugne saponate Brillo e le pesche sciroppate Del Monte. Quando queste opere furono presentate nel 1964 alla Stable Gallery di Manhattan, molti artisti e critici lo accusarono di aver ceduto al consumismo. Tuttavia, Arthur Danto, filosofo e studioso di Warhol, raccontò di essere uscito dalla mostra profondamente colpito, pensando di aver assistito alla “fine dell’arte occidentale”. In seguito il mondo dell’arte si rese conto che più che di “fine dell’arte occidentale” si trattava di un nuovo inizio.
La prima mostra personale in un museo per Warhol non avvenne a New York, come si potrebbe pensare, ma al Moderna Museet di Stoccolma nel 1968. Il museo, però, non poteva permettersi di spedire da New York le pesanti Brillo Box in legno. Per risolvere il problema, Kasper König – con il permesso di Warhol – scrisse alla sede Brillo di New York chiedendo l’invio di 300 scatole di cartone vuote. L’azienda ne spedì 500, da montare sul posto. Oltre vent’anni dopo, per una mostra a San Pietroburgo, il direttore del Moderna Museet Pontus Hulten fece costruire 105 nuove scatole in compensato da alcuni falegnami di Malmö, basandosi sui modelli originali. Questo gesto aprì un dibattito nel mondo dell’arte attorno alla figura di Andy Warhol. Tanto che, nel 2019, queste scatole furono esposte insieme agli originali al Moderna Museet di Stoccolma.
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