All’inizio del 1967, Andy Warhol e Nat Finkelstein concepirono l’idea dell’Index Book partendo da una riflessione sull’arte: può essere allo stesso tempo aristocratica e distaccata, ma anche popolare e immersa nella quotidianità. Il libro abbraccia pienamente quest’ultima visione. Quando Finkelstein fu costretto a ritirarsi dal progetto per impegni lavorativi, il testimone passò a Billy Name, che ne fece un vero e proprio libro-oggetto.
L’Index Book è un’esperienza visiva e tattile: raccoglie fotografie della Factory e dei suoi protagonisti — da Warhol ai Velvet Underground, da Nico a Brigid Berlin — alternate a un’intervista che, come spesso accadeva con Warhol, non svela nulla ma lascia tutto sospeso.
Il libro si presenta come un contenitore di sorprese e invenzioni, con dieci oggetti nascosti tra le pagine, che lo rendono una piccola Wunderkammer pop:
L’Index Book non è solo un libro, ma un happening su carta, un oggetto partecipativo e ludico che anticipa molte delle dinamiche dell’arte contemporanea. È la Factory che si fa libro, la Pop Art che diventa gioco, caos e sorpresa.
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